Superare il trauma del parto, quando questo è avvenuto, a volte sembra impossibile. Le donne spesdo neanche sanno che esistono modi per elaborare e superare il trauma del parto, quindi se lo portano dietro per anni. Con una sofferenza molto profonda, che le accompagna, ovviamente, anche nell’accudimento del loro bambino; e che può complicare non poco l’avvio del legame di attaccamento.
Sì definisce trauma un evento che espone a morte o gravi lesioni o minaccia per l’integrità fisica propria o altrui. Comporta paura intensa e sentimenti di impotenza o di perdita di controllo. Un parto traumatico può essere causa di depressione post-partum e del disturbo post traumatico da stress (PTSD).
Il post-parto è il momento della vita in cui le donne sono più a rischio di sviluppare un disturbo psichico. E’ un periodo di estrema ricettività, sensibilità, ristrutturazione psichica. Tutto colpisce la neomamma, anche il più piccolo commento. Tutto è letto e assimilato come conferma o disconferma della sua adeguatezza nel suo nuovo ruolo. Un parto in cui mamma o bambino hanno rischiato la vita può andare a toccare i nuclei più profondi di sofferenza: incapacità, colpa, perdita di controllo e pericolo.
Per questo è spesso necessario un aiuto professionale per superare il trauma del parto. La psicoterapia con EMDR si è rivelata in questo senso preziosa.
Bisogna comunque dire che molte delle cose che le mamme vivono subito dopo il parto, anche fisiologico, sono naturali. Stanchezza, dolore, senso di difficoltà e di incertezza sono normali, entro certi limiti. Durante la prima settimana dopo il parto può verificarsi un fenomeno che si chiama baby blues. Nel periodo del baby blues la mamma è particolarmente sensibile, incline al pianto, all’irritabilità. Ma questi vissuti, nella maggior parte dei casi, passano nel giro di 10/15 giorni. Se persistono invece è bene parlarne con qualcuno. Cercare contatti con ostetriche, consultori, gruppi post-parto e associazioni è una delle cose più utili che una mamma può fare per se stessa e il proprio figlio.
Per quanto sia incredibile esiste ancora un senso comune che vuole che le donne abbiano solo emozioni positive riguardo a gravidanza, parto, puerperio e maternità. Questo impedisce loro di chiedere aiuto seppur hanno bisogno di superare il trauma del parto. Molto più facilmente le madri alla fine chiederanno aiuto per i propri figli, o per loro in relazione ai figli. Solo su domanda del terapeuta salteranno fuori le difficoltà dell’inizio, il parto traumatico.
C’è un’idea prevalente che vuole che le neomadri siano sempre felici e contente. Magari un po’ stanche, ma comunque in grado di fare tutto e di farlo col sorriso, visto che stanno vivendo la magia della maternità. E poi ce l’hanno sempre fatta tutte, da millenni. Il pensiero condiviso è: “Quante altre donne prima di te si sono trovate a dover superare il trauma del parto, o la fatica del postparto?” E così si affaccia il senso di vergogna.
Quello che le neomadri non sanno e che sfugge completamente al senso comune è che tutte riescono ad andare avanti, certo, ma pagando un prezzo molto alto in termini psichici. Andare avanti infatti non significa affatto elaborare e superare il trauma del parto. Significa solo continuare a fare quello che si deve.
Quando viviamo un trauma la nostra mente fa tutto quello che può per gestire l’evento e permetterci di continuare a funzionare nella nostra vita di tutti i giorni. Il trauma è isolato in una parte del cervello, il resto della mente si occupa delle cose della quotidianità. Ma il trauma rimane, più o meno sottotraccia e irrompe con flashback, paure, irritabilità, angoscia, depressione, disturbi del sonno o nell’alimentazione. Ma anche qui la trappola: quale mamma non dorme poco, non mangia poco, non fatica a prendersi cura di sé? Autorizzarsi a distinuguere il proprio malessere dalla fisiologia è molto difficile.
Il problema è che quell’angoscia, quell’irritabilità, quella paura determinata dal trauma si riflettono direttamente sulla relazione col proprio bambino. Le persone traumatizzate sono arrabbiate, o preoccupate, o depresse o comunque emotivamente attivate.
La paura della morte del proprio figlio può portare con sé un’iperattivazione, una rabbia, un dolore che da qualche parte andranno. Magari anche contro il proprio bambino, o contro il proprio partner, o contro di sé.
Inoltre spesso quei bambini, se sopravvissuti, continueranno a dire ai propri genitori: “Sono vivo” in molti modi! Per esempio con un carattere “difficile”, col conflitto continuo o con una estrema dipendenza dai genitori.
Dicevamo che le madri difficilmente chiedono aiuto per superare il trauma del parto. Molto più probabile è che si rivolgano a qualcuno per i propri figli o per le difficoltà di relazione con loro. Magari, anzi spesso, anche molti anni dopo la nascita.
Accade che i genitori arrivino da me e che raccogliendo la loro storia emerga un trauma da parto di cui non si sono mai presi cura, pensando che il tempo avrebbe guarito le ferite.
L’EMDR è la tecnica elettiva per l’elaborazione dei traumi. La sua validità è dimostrata ormai da moltissma ricerca. Per questo è ormai un vero e proprio approccio psicoterapeutico, i cui effetti sono documentati da studi neurofisiologici. Non sappiamo esattamente quale sia il meccanismo alla base dell’efficacia dell’EMDR, ma sappiamo che funziona probabilmente perché aumenta la connessione tra emisfero destro ed emisfero sinistro del cervello.
L’EMDR sfrutta infatti l’innato meccanismo di autocura dell’organismo. Se mi rompo una tibia l’osso si ricostruisce da solo, il gesso è solo un modo per farlo ricrescere dritto; di notte elaboriamo gli eventi della giornata, attraverso i sogni. Mentre sognamo i nostri occhi si muovono molto velocemente a destra e a sinistra. Quando somministriamo l’EMDR, chiediamo al paziente di muovere gli occhi a destra e a sinistra. Così, il nostro cervello va alla ricerca di quelle informazioni di cui ha bisogno per lasciare il passato nel passato ed elaborarlo.
L’elaborazione permette non solo di superare il trauma del parto passato, ma anche di rimettere in circolo risorse e capacità di cura di sé che il trauma aveva bloccato.
Quando viviamo un trauma ci sono conseguenze a diversi livelli. Il trauma infatti colpisce a livello emotivo, fisiologico ma anche cognitivo,
Il cervello impara dalle esperienze e poi costruisce delle storie, le più semplici possibile, su di noi. Per esempio che siamo bravi, dopo un grande successo; o che siamo in pericolo e dobbiamo rimanere vigili, dopo aver subito un’aggressione.
Elaborare un parto difficile significa quindi raccontarsi un’altra storia su di sé come persona e come madre. Il che significa poi poter attingere a nuove informazioni interne. E questo, a sua volta, permette di mobilitare migliori risorse per far fronte al proprio ruolo di mamma.
photo by:
https://it.freepik.com/foto-gratuito/infermiera-che-tiene-bambino-appena-nato_932624.htm