Sentirsi una cattiva madre: superare il senso di inadeguatezza

Sentirsi una cattiva madre

Sentirsi una cattiva madre: i fantasmi della nascita

Sentirsi una cattiva madre è una cosa naturale e fisiologica, che capita a tutte le mamme del mondo. Riflettendoci bene, sentirsi una cattiva madre è anche un sentimento protettivo per i bambini, perché ci spinge a fare sempre meglio.

Talvolta però diventa un sentimento pervasivo, che fa sentire inutili e profondamente colpevoli.

Allora il neonato sembra troppo difficile da calmare, da addormentare, da nutrire; la mamma ha la sensazione di perdere il controllo e quindi rimane immobile, delegando ad altri le cure del suo piccolo.

Quando una donna arriva a sentirsi una cattiva madre troppo spesso e troppo a lungo, siamo probabilmente di fronte ad una depressione post parto.

Spesso tale depressione rimane “sotto soglia”, dunque la mamma sembra comunque funzionare abbastanza bene. Nonostante questo si sente molto triste, incapace, affaticata. Ha poche espressioni di gioia, pur amando il suo bambino.

Poi il bambino cresce, il legame con lui si approfondisce e le cose complessivamente migliorano; rimane però di fondo un certo senso di vergogna e un desiderio di fuga.

Sentirsi una cattiva madre: la storia di Tara

Tara è una giovane donna, moglie e madre di un bambino. Arriva da me nella più totale disperazione. Piange continuamente, il mondo è nero, lei è una persona terribile e non c’è speranza dentro di lei.

Una delle cose che le fanno pensare di essere una persona orribile è il suo sentirsi una cattiva madre infelice. Vogliamo dare senso a questa infelicità, dunque indaghiamo cosa sia successo nella sua vita. Si era mai sentita prima una cosi brutta persona? Magari in famiglia, quando era piccola? Ripercorrendo la sua storia emergono diversi avvenimenti ‘disperanti’, tra cui un lutto molto importante. Ha perso una sorellina da piccola, nata malata e vissuta poco, ma abbastanza a lungo perché lei la conoscesse. Quindi ci ha giocato, si è affezionata a lei, ha cercato di calmarla quando piangeva. Forse le ha tirato i capelli quando era gelosa, le ha dato baci e carezze e l’ha coccolata come può fare una piccola bimba. Poi è mancata. I suoi genitori sono in lutto, tutta la famiglia intorno a lei è in lutto. Una bimba è morta, un’altra è viva ed è molto difficile ora occuparsene.

Il suo sentirsi una cattiva madre comincia ad assumere un senso per me.

Da qualche parte dentro di lei la maternità è pericolosa, i bambini muoiono e tutti soffrono. Inoltre probabilmente sente la colpa del sopravvissuto: si chiede se non sia morta la figlia sbagliata e si sente orribile. Forse una parte di lei è riuscita ad andare avanti e funzionare, ma un’altra è rimasta bloccata lì, al trauma.

Possiamo immaginare che per lei diventare madre sia stato fonte di ansia. Forse troppe angosce interferivano nella costruzione del bonding, cioè la sintonizzazione emotiva di Tara verso suo figlio.

Genitori in lutto

La ricerca ci dice che gli eventi sono tanto più traumatici se sono coinvolti bambini, se questi sono piccoli e se l’evento ha caratteristiche di assurdità.

Mentre Tara è piccola i suoi genitori stanno vivendo il lutto di un figlio.  Una cosa talmente innaturale che la mente umana non lo riesce a gestire.

I genitori di Tara avrebbero avuto molto bisogno di aiuto per se stessi, in modo da poter aiutare Tara. Probabilmente la mamma di Tara è stata la prima a sentirsi una cattiva madre. Si porta dentro il terribile vissuto di non essere riuscita a salvare la sua bambina. A questo si aggiunge il fatto di vedere la sofferenza di Tara e di non riuscire ad aiutarla.

I genitori di Tara non hanno mai elaborato nulla; nemmeno Tara quindi ha potuto farlo. Ha solo potuto smettere di pensare alla sorellina e cercare di non dare altre preoccupazioni ai suoi genitori, già troppo provati. Fino a quando non è diventata mamma lei stessa. Lì la sua memoria, racchiusa per anni nella mente e nel corpo, è riemersa prepotentemente: nascita  = morte.

Per questo quando un evento traumatico colpisce i bambini bisogna sempre, per prima cosa, supportare gli adulti. Da loro arriva (o no) il senso di sicurezza che un bambino si porta dentro.

Quando diventiamo genitori la nostra storia di attaccamento si riattiva prepotentemente. Tutto ciò che noi abbiamo vissuto, respirato e provato sottopelle all’inizio delle vita coi nostri genitori riemerge all’improvviso. Il sentirsi una cattiva madre di Tara arriva direttamente dalla sua mamma.

La maternità e la vita famigliare

Tara non si è mai sentita felice della maternità. Si è sentita in difficoltà già durante il parto e l’allattamento. Nulla è andato come sperava, il che per lei significa che non è stata capace. Ha cominciato subito a sentirsi una cattiva madre. Ama tantissimo il suo bambino ma vuole essere viva e felice. Ha bisogno di sentirsi realizzata e importante.

Sentirsi una cattiva madre: la depressione post-parto

Alla nascita del suo bimbo comincia probabilmente una depressione mai riconosciuta e quindi mai curata.

Il senso di inadeguatezza è fisiologico per una neomamma, così gli altri spesso minimizzano: “Passerà”, dicono. “Sentirsi una cattiva madre è normale ma tu sei troppo ansiosa”. Quando questi sentimenti sono totalizzanti e paralizzanti allora bisogna proprio andare ad elaborare l’origine di quel dolore.

L’infelicità di Tara nasce nel momento in cui nella sua famiglia irrompe il lutto. Da quel momento nella sua famiglia, per i suoi genitori e quindi anche per lei, nascita significa perdita.

È quindi quasi impossibile che Tara si autorizzi a coinvolgersi con il figlio se prima non elabora quella perdita. Fino  a quel momento non può che sentirsi una cattiva madre, quasi non lo stia amando abbastanza. In realtà si protegge dall’amore che prova, come lo provava per la sua sorellina. E fa bene a proteggersi, perché questo le permette di funzionare.

Il lavoro analitico sul sentirsi una cattiva madre

Lavoriamo con Tara sul riconoscimento e la legittimazione di tutte le sue emozioni. Elaboriamo i suoi ricordi peggiori, che non le permettono di  vivere. La strada è dolorosa. C’è bisogno di tempo, di condivisione, di rispetto.

Bisogna che insieme ci prendiamo cura della sua “pancia”, intesa sia in senso emotivo che in senso fisico. È lì che tutto si genera, anche il suo bambino. Ed è lì che è stata offesa, dal dolore della perdita e dal dolore del cesareo. Ha bisogno di ricucire quella cicatrice sulla pancia e di guardare suo figlio vedendo che lui non potrebbe mai fare a meno di lei. Che non è arrabbiato, ma ha solo bisogno che lei adesso lo prenda in braccio. Che lei stia lì con lui, non dentro la sua testa nei suoi sensi di colpa, ma lì, con lui.

Quando potrà superare il trauma potrà vedere le differenze tra la sua famiglia di origine e quella del presente. Potrà vedere che la sofferenza dei suoi genitori era determinata da un evento troppo assurdo per essere accettabile. Che non era colpa sua. Quando potrà smettere di sentirsi una cattiva madre potrà scegliere liberamente come vuole vivere e sentirsi realizzata, senza ingombranti sensi di colpa e inadeguatezza.

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